Hubertus Froning galleria M.Hoffmann, Paderborn 1999

 In Testi Critici

Marina Bindella – Il linguaggio della voce interiore

Nell’arte non figurativa esistono due orientamenti opposti. L’uno, rappresentato da Piet Mondrian, è caratterizzato da una modalità costruttiva; l’altro, il cui maggiore esponente è Jackson Pollock (con il dripping), è legato all’automatismo. Il primo è fortemente orientato in senso intellettuale: per alcuni è forse troppo freddo, razionale e dottrinario; il secondo cede al fascino della casualità e a volte è troppo ostico per l’osservatore che ha bisogno di “leggere” forme definite.

Marina Bindella non sceglie alcuna delle due polarità; i suoi lavori nascono infatti da un’espressione personale. Nell’attuale pluralismo stilistico ella ha trovato una propria strada che cerca un equilibrio fra la spontaneità del gesto e il controllo razionale. Dai suoi lavori non figurativi emerge sì un processo logico, ma questo non limita la libertà e l’immediatezza. La scelta preferenziale della xilografia (su legno, linoleum, PVC) significa da parte dell’artista porsi consapevolmente dei limiti assai più definiti di quelli della pittura. Il suo lavoro, pur privilegiando rispetto al colore le gradazioni di bianco e di nero ottenute tramite il rapporto tra linea e superficie non perde tuttavia di forza agli occhi di un osservatore sensibile. Questo significa concentrarsi sui mezzi che esaltano nella maniera più efficace il procedimento incisorio: tracciati di segni, risalto della linea, gradazioni della luce e sfumature dei grigi: valori, quindi, puramente grafici.

L’osservatore potrebbe essere indotto dai titoli dei lavori a “leggere” nelle immagini un significato che va al di là delle intenzioni dell’artista. Sarebbe però un errore fissarsi esclusivamente sul “commento” di Bindella, poiché bisogna diffidare di tutte le interpretazioni verbali dei suoi lavori non figurativi. Ogni opera infatti si giustifica da sé: in altre parole questa non rimanda a significati al di fuori di se stessa e non riproduce il nostro mondo visibile in modo imitativo. Ogni foglio riceve la sua ragion d’essere da una motivazione interna, senza interferire, in un modo o nell’altro, con la realtà. La grafica di Marina Bindella non illustra, non è narrativa, non denuncia modelli riconoscibili, ma esprime una forza che è legata direttamente alla persona dell’artista. Ella costruisce un sistema autonomo a partire dalla “texture” della superficie e dal tracciato ritmico delle linee. Quindi ella rende contenuto le forme e le strutture, puntando esclusivamente sulla dimensione percettiva. Affronta ogni foglio allo stesso tempo con slancio e riflessione, manifestando la sua condizione interiore. L’espressione soggettiva si lega in tal modo alla forma e alla composizione e si identifica con le sensazioni.

Il foglio intitolato “Volo” (pag. 15) può essere, per la sua raffinatezza e per la sua complessità, rappresentativo di questa intenzione espressiva. Sullo sfondo galleggia un reticolo impalpabile di linee bianche liberamente tracciate che ora si intrecciano e si compenetrano, ora si concentrano e si disperdono. Su questa tessitura alcune linee nere di notevole risalto ottico segnano accenti dal ritmo informale, come se fossero elementi di pensieri involontari privi di una riflessione analitica. Anch’esse sono disposte a fascio, ma più rade rispetto alle linee bianche; diagonali e intersecate, quasi fossero eccitazioni emozionali, rivelano nella loro eleganza calligrafica la duttilità “psicogrammatica” dell’artista. La capacità di slancio e l’impulsività, che pur fanno parte del suo patrimonio creativo, conservano un ordine così chiaro e una concentrazione tali, da non sfociare mai in istintualità anarchica. Tuttavia, nonostante il rigore mentale dell’artista, riferimenti come “destra” e “sinistra”, “alto” e “basso”, “vicinanza” e “lontananza”, nella forma aperta dell’immagine diventano relativi e rimangono a disposizione, come “variabili”. Proprio le combinazioni ricche di variazioni, non solo danno vita a una sottile articolazione grafica, ma si rivolgono, nella loro complessità ottica, anche alla fantasia visiva. La “texture”, differenziata dai diversi valori di densità e di trasparenza tonale, dagli effetti chiaroscurali e da apparizioni di luci sfumate, suggerisce una dimensione spaziale che perde il carattere di concretezza, guadagnandone in contenuto visionario. Il ricordo va, per associazione, a un universo cosmico, anche microcosmico, o a campi di forze magnetiche. Tuttavia la tensione verso valori assoluti di forma e l’autonomia del ritmo lineare e formale restano evidenti come struttura dell’immagine. La struttura lineare si identifica infatti con se stessa e si carica di qualità formali. L’impressione di uno spazio distinto da quello reale vive nell’arte un “Dasein” privilegiato ed esiste solo all’interno dell’opera d’arte. Essa è dotata, per l’autonomia che le è propria, di un’esistenza quasi esoterica.

Ci sono altri fogli, per esempio “Deriva” (pag. 25) e “Fogliaspina” (pag. 30), che presentano forme semplificate ed elementi quasi geometrici, dotati di una più chiara bidimensionalità. Queste forme sono il prodotto di un gioco d’equilibrio: un bianco luminoso sta non solo in attivo rapporto di tensione, ma anche in corrispondenza estetica con il nero profondo. In altri fogli l’energia vettoriale del tratto lineare si trova di nuovo in primo piano, oppure la superficie viene scandita ritmicamente, come nelle tre stampe di “Hiroshige” (pag. 33) o ancora le linee a passo di danza si uniscono “cantando” in un rigoroso ordine ornamentale, come in “Umbratile” (pag. 36).

Il linguaggio cifrato di Bindella, che conferisce un significato interiore all’universo artistico e fantastico, ha radici profonde e rimanda ad ambiti esperienziali che si sottraggono ad una verbalizzazione concettuale. Il tema, che si identifica con campi di forze e con la struttura che li lega, scaturisce da rappresentazioni astratte che non offrono indicazioni concrete per una definizione specifica. Si tratta di dare forma all’intuizione interiore, senza l’intervento di un’interpretazione riflessiva. Al posto di contenuti prestabiliti emergono indizi di sensazioni che possono essere, di volta in volta, drammatici, poetici o anche lirici. Le rappresentazioni sono specchio del mondo interiore, dell’anatomia del proprio universo, nel quale l'”io” e il “mondo” si tengono in equilibrio. Qui Bindella, attraverso il suo atteggiamento spirituale, ci consente di conoscere un ambito esistenziale di ciò che in sé

Hubertus Froning

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